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Computers for the masses

PET

Due persone, uno con la testa da imprenditore e l’idea di un prodotto. L’altro è il tecnico e ha per le mani una schedina che è un piccolo calcolatore. Un successo imprenditoriale che farà diventare l’informatica una cosa alla portata di tutti


di Giovanni A. Cignoni

Ci sono due tizi. Uno ha la testa da imprenditore e l’idea di un prodotto. L’altro è il tecnico e ha per le mani una bella schedina che è un piccolo calcolatore. Con un terzo socio lo producono. È l’inizio di un successo imprenditoriale. Se state pensando a Steve Job & Steve Wozniak (+ Ronald Wayne che nessuno ricorda) siete fuori strada: loro faranno più o meno la stessa cosa, ma dopo.

Ripartiamo da capo.

Sopravvissuto ad Auschwitz, Jack Tramiel si trasferisce negli Stati Uniti. Nell’esercito impara a riparare le macchine da ufficio, poi si mette in proprio. Per la sua azienda vuole un nome che dia autorità. General e Admiral sono già presi, sceglie Commodore. Inizia con macchine da scrivere e calcolatrici, ma a un certo punto comincia a frullargli per la testa l’idea di un calcolatore per tutti. Siamo nei primi anni ’70, di prodotti definibili “personal computer” ce ne sono già diversi, ma sono oggetti costosi. Manca una soluzione tecnologica trasformabile in un prodotto economico.

Cambio di scena.

Nel 1974 Chuck Peddle insieme ad alcuni colleghi lascia la Motorola per la MOS Technology, una piccola azienda che produce circuiti integrati – fra gli altri anche quelli del Pong della Atari. Alla MOS Peddle e i suoi sviluppano il 6502, un microprocessore a 8 bit. Disponibile dal 1975 vende bene fra gli hobbisti anche perché costa pochissimo: 25$ di allora, contro, per esempio, i 200 del Motorola 6800. Insieme al 6502, Peddle progetta anche una scheda madre che lo usa, la KIM-1.

L’incontro.

William Shatner con Michael Tomczyk , responsabile della promozione del VIC-20

William Shatner con Michael Tomczyk , responsabile della promozione del VIC-20

Con l’aiuto finanziario del canadese Irving Gould, Tramiel e Peddle cominiciano a lavorare insieme. Il KIM-1 nel ’76 è un prodotto Commodore che spopola fra gli hobbisti che se lo completano aggiungendo tastiera, monitor, stampanti etc. Ispirerà altri, incluso quell’Apple I che, come processore, usa proprio il 6502 di Peddle.

La mossa successiva di Tramiel è mettere sul mercato un KIM-1 full optional già montato, per chi non se la sente di giocare con il saldatore o semplicemente non ne ha voglia e tempo. È il Personal Electronic Transactor, o PET, presentato a gennaio 1977 al Consumer Electronics Show di Chicago. Sarà anche, qualche mese dopo, fra i protagonisti del West Coast Computer Faire di San Francisco dove, bravo secondo, arriverà anche l’Apple ][.

 

 

Al motto di “Computer for the masses, not the classes” Tramiel tiene prezzi bassi, i PET hanno successo nelle scuole e negli istituti di formazione. Ma il passo decisivo avviene con il VIC-20. È un home computer: risparmiando sul monitor (si collega al TV di casa) costa 299.95$, è a colori ed è una buona piattaforma per videogiochi, ma è un calcolatore vero con cui “tutta la famiglia può imparare a programmare” – parola del Capitano Kirk.

Il VIC-20 in Germania è “il computer per il popolo”

Il VIC-20 in Germania è “il computer per il popolo”

Il VIC-20 sarà il primo calcolatore a vendere oltre milione di pezzi. Il suo successore, il C=64 straccerà il record con cifre che a seconda delle stime vanno da 12.5 a 17 milioni di esemplari. Nessun altro modello di calcolatore ha mai fatto tanto. In anni recenti hanno venduto di più alcuni tablet e smartphone, ma non contano.

Con gli home computer si giocava, certo, o si usavano per le solite applicazioni: scrivere, disegnare, far di conto, navigare – ai tempi via modem e sulla rete dei Bullettin Board, internet c’era, ma era riservata ai centri di ricerca e ai militari.

Ma erano calcolatori veri: appena accesi avevi di fronte un sistema programmabile, la curiosità di provare prima o poi veniva. Costruire programmi era per molti un gioco al pari del Meccano o del Lego. Una generazione di informatici è nata così.

 

Per programmare tablet e smartphone occorre un ambiente di sviluppo su un PC. Per installare i programmi che avete sviluppato voi dovete passare da uno store centrale, che potrebbe anche negarvi il permesso o chiedervi di pagare un costo di pubblicazione. Così non si aiuta a imparare: si allevano solo nuovi consumatori.

 

Il C=64 dell’esposizione permanente del Museo (foto di Chiara Tarantino)

Il C=64 dell’esposizione permanente del Museo (foto di Chiara Tarantino)

 

Al Museo degli Strumenti per il Calcolo c’è una mostra – 64 Mania – dedicata al C=64, ai suoi predecessori, alle varie versioni, agli accessori e ai suoi parenti stretti.

Magari, imparando dalla storia passata, torneremo a pretendere veri calcolatori per tutti.

 

Gli altri articoli della serie “Quattro chiacchiere sul calcolo, senza fare conti”

 

In copertina un’aula di un corso di riqualificazione professionale attrezzata con i PET

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Pubblicato il: 31 maggio 2015

Argomenti: Cultura-Tech

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