MENU

Storie di partigiani, anarchici e civili nei monti pisani. Un libro

Copertina di Antifascismo , guerra e resistenza a San Giuliano Terme.

di Ignazio Angelo Pisanu


Scritto per chi vuole conoscere meglio la storia di San Giuliano, Pisa e dintorni: “Antifascismo, guerra e resistenza a San Giuliano Terme” (Ets, 2014) una ricostruzione di Gianluca Fulvetti e Stefano Gallo.

Un libro per la memoria. La storia di San Giuliano Terme si intreccia con quella dei vicini monti Pisani fino ad arrivare alla città di Galileo. Gianluca Fulvetti e Stefano Gallo hanno il merito di leggere il periodo della Repubblica sociale italiana collocandolo nel contesto più ampio della storia del fascismo e della Resistenza. Gli autori non si sono limitati a un’indagine archivistica raccogliendo un’ampia serie di testimonianze orali. Il risultato è un testo scorrevole e avvincente frutto dell’interazione tra fonti orali e fonti scritte e racchiuso comunque nell’universo della deontologia storica.

Negli anni venti il fascismo gode di un ampio consenso nel pisano. Un consenso che gli permette di conquistare il monopolio della violenza. Gerarchi più o meno influenti vessano la popolazione, godono della simpatia dei partiti politici moderati e riescono ad agire quasi indisturbati. Tra i fascisti pisani gli autori citano Alessandro Carosi, sindaco di Vecchiano nel 1943, poi destituito per l’assassinio di un anarchico e condannato per il brutale omicidio di una sua amante. Divenne una figura importante nel periodo “repubblichino”. Copertina di Antifascismo , guerra e resistenza a San Giuliano Terme_g

Il fascismo è forte ma non incontrastato: nel secondo capitolo gli autori si affacciano nell’universo dell’opposizione al regime. Ridanno vita a storie affascinanti di sovversivi o presunti tali. Spesso si trattava di veri attivisti politici che interagivano con l’estero (Bruxelles, Buenos Aires, New York) per cercare spazi d’azione che in Italia erano negati. Sono 174 le persone che da San Giuliano intrattengono questo tipo di relazioni. È difficile trovare traccia di formazioni clandestine (Pcd’i, Psi) che cercano di gestire la lotta al fascismo in maniera organizzata. Nel pisano gran parte degli oppositori milita nelle schiere degli anarchici. Gli anarchici non sono pochi ma l’efficace repressione impedisce qualsiasi forma di reazione coordinata. In ogni caso cercavano di diffondere tra i cittadini sentimenti di opposizione al fascismo. La polizia nera è attentissima. Molti seguaci di Bakunin abbandonano la militanza attiva e addirittura qualcuno abbraccerà il Pnf. Perché? Perché l’immagine rivoluzionaria, antisocialista e anticapitalista del fascismo, che la Rsi cercherà poi di recuperare, esercita un forte potere attrattivo. Una buona parte dei sovversivi fuggirà all’estero per fare ritorno in Toscana solo dopo la guerra trovando poco spazio nell’attivismo politico post-bellico.

Durante il conflitto si fugge da Pisa, si sfolla nelle campagne, nascono comunità di accoglienza e lo stesso fascismo non riesce a gestire l’emergenza sfollati. Molti si stabiliscono a San Giuliano e la popolazione del borgo raddoppia in pochi anni. San Giuliano è un posto sicuro, almeno fino a quando diventa un obiettivo della repressione operata dagli occupanti tedeschi e dal fascismo repubblicano. È in questo in questo contesto che nascono le prime formazioni partigiane. A Pisa gli scioperi del marzo ‘44 vedono una scarsa partecipazione della classe operaia e ciò dimostra che esiste ancora un fascismo forte. La chiamata alle armi della repubblica di Salò porta a rastrellamenti continui. Chi viene catturato è fucilato o condannato al lavoro coatto in Germania o nelle zone di occupazione tedesca.

Nell’inferno della guerra le donne rivestono un ruolo fondamentale. Lavorano, cercano di salvare gli uomini, nascondono e nutrono figli e mariti, se necessario combattono. A San Giuliano le storie si intrecciano. Riemergono storie di bambini che vivono la drammatica esperienza della Resistenza come una vacanza. Bimbi abituati a vivere in città ora scorrazzano in campagna e, meno controllati dai genitori a causa della gravità della situazione, si divertono tantissimo. Anche i parroci diventano protagonisti. Vestono i panni degli anti-eroi, sono oppositori senza armi dell’ideologia razzista che il nazismo cercò di impiantare anche in Italia.

In ogni caso la Repubblica sociale è emblema di un momento di anarchia totale. Brigate nere e milizie raramente collaborano tra loro. Salò non ha una grande presa su una popolazione che muore di fame. C’è un’enorme difficoltà nel trovare gli alimenti Ad aderire alla Rsi sono personaggi in grado di compiere azioni violente, senza alcun tipo di scrupolo. Nel Giugno ‘44 la Resistenza fa un salto di qualità e tenta di trasformarsi in resistenza armata. Non tutti sono però convinti che i monti pisani – data la scarsa altitudine, la raggiungibilità e le difficoltà di garntire gli approvvigionamenti – siano adatti a ospitare una banda partigiana. Data la debolezza del movimento comunista pisano viene inviato un compagno esperto, Ruggero Parenti che organizza l’antifascismo sulla base di piccoli gruppi clandestini che operano tramite sabotaggi, cercando di raccogliere forza e consenso presso le classi sociali più deboli, nella Garfagnana e nel Volterrano (brigata Garibaldi).

I giovani fremono per poter intervenire e a maggio-giugno del ‘44 – con l’avvicinamento dei Marines e la crisi della Rsi – si intensificano le azioni repressive di Salò. Molti giovani dunque salgono sui monti e intraprendono la vita dei partigiani. I membri del Cln pisano man mano che prende forza l’ipotesi di una liberazione della città sostengono l’attivismo giovanile che sorpassa le strutture e le direttive del PC pisano, nel quale il dibattito su interventismo o meno divide le schiere dei compagni. L’età media dei partigiani è bassa, 23 anni circa, e la disciplina militare è quasi assente. Tra i capi delle bande si ricordano Franceschi, che spingeva per presidiare il territorio e compiere semplici azioni di sabotaggio, mentre Cecchini prediligeva la guerriglia, lo scontro diretto coi tedeschi; idea che prenderà forma quando diverrà capo dei partigiani. Lo scontro con tedeschi e milizie di Salò è brutale. La repressione strapperà l’anima dal corpo di molti.
Si avvicina la Liberazione ma allo stesso tempo aumenta l’intensità della repressione. I partigiani calano dai monti. Alcuni scendono a Pisa, tanto che all’arrivo degli americani il comune e la prefettura saranno già liberate dalla resistenza.

Le truppe tedesche operative nella zona, la XVI SS e la LXV di fanteria, nelle ultime settimane non distinguono più tra sfollati e partigiani e iniziano una campagna di rastrellamenti che colpì tutti i prigionieri giudicati non idonei al lavoro. Anziani, feriti e disabili spesso vengono sterminati dai tedeschi. Lo stesso metodo è usato dalla XVI divisione a Massa Carrara dove viene svuotato il carcere cittadino e vengono sterminati i detenuti, che nella visione razziale nazista erano considerati inutili e dunque non degni di vivere. Anche dopo il rastrellamento della Romagna e l’uccisione dei non adatti al lavoro il terrore continua con stragi di sacerdoti e cittadini protagonisti di gesti di resistenza civile. Gli autori incoraggiano una riflessione sui carnefici, sui giovanissimi rastrellatori SS, costretti a eseguire con freddezza ordini superiori.
Questa è solo l’anteprima di un libro avvincente.

Ignazio Angelo Pisanu

Disegno di Emanuele Messina

Download PDF

Scritto da:

Pubblicato il: 22 giugno 2014

Argomenti: Cultura, Libri, Pisa

Visto da: 2935 persone

, , , , , ,

Post relativi

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi paginaQ per email

Ciao!
Iscriviti alla newsletter di Pagina Q
Se lo farai ci aiuterai a far vivere l’informazione nella nostra città e riceverai la versione mail del quotidiano.
Naturalmente non cederemo a nessuno il tuo indirizzo e potrai sempre annullare la tua iscrizione con un semplice click sul link che troverai in ogni nostra mail.