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Siamo quello che mangiamo Dizionario alimentare serio ma senza esagerare….

cibo

Alimentazione: L’alimentazione consiste nell’assunzione da parte di un organismo, degli alimenti indispensabili al suo metabolismo e alle sue funzioni vitali quotidiane e prende in considerazione tutte le trasformazioni fisiche, chimiche e fisico-chimiche che i nutrienti assunti subiscono. è considerata specifica degli organismi eterotrofi: una pianta non si alimenta, assume nutrienti (Wikipedia).

Barbabietola rossa: Un bicchiere di succo di barbabietola rossa al giorno è in grado di tenere sotto controllo la pressione sanguigna. A sostenerlo è uno studio pubblicato su Hypertension, uno delle riviste ufficiali dell’American Heart Association, secondo cui grazie ai nitrati in esso contenuti il succo di barbabietola sortirebbe i primi effetti già dopo 24 ore, e che tanto più si soffre di pressione alta, tanto maggiore è l’effetto terapeutico del succo del vegetale.( Il sole 24 ore)

Cozze: “Vivi e vitali”: è così che, per legge, dovrebbero essere venduti tutti i molluschi bivalvi (cozze, vongole, fasolari, ostriche e così via). In generale, i molluschi hanno una vitalità variabile, che dipende sia dalle modalità di conservazione (preferibilmente sotto i 6° C), sia dalle caratteristiche della specie. Per stare tranquilli ed eliminare la quasi totalità dei microrganismi pericolosi la cosa migliore è consumarli cotti.(Altroconsumo)

Dieta: Il primo dovere di chi dà consigli a un uomo infermo che segue una dieta nociva alla salute è quello di cambiar sistema di vita; le altre indicazioni verranno solo se egli accetta con convinzione queste disposizioni (Platone, Repubblica, 390/360 a.e.c).

Erbe: Sono numerose le varietà di erbe spontanee che si possono mangiare:Borragine, Cerfoglio, Crescione, Ortica, Portulaca, Tarassaco, Acetosella, Achillea, Altea, Beccabunga, Borsa del pastore, Levistico, Melissa, Piantaggine, Pimpinella, Valerianella, Coda di topo e la Coda di volpe, Trifoglio rosso e bianco, Brassicacea, Centocchio, Asparagina, Erba cipollina, Aglio selvatico, Plantago lanceolata, Equiseto, Malva, Timo, Verbena, Vite, Gelso, Bardana; per riconoscerle meglio frequentare un corso…

Fabbisogno calorico: è la quantità di energia, che si assimila con l’alimentazione, necessaria a compensare il consumo energetico dovuto al metabolismo basale (ovvero consumo energetico a riposo) e al consumo energetico dovuto all’attività lavorativa e all’attività fisica in generale.

Gotta: Il termine gotta deriva dal latino “gutta” (goccia) in quanto nella credenza popolare e nella medicina empirica si riteneva che la causa della malattia fosse la deposizione di gocce di un “umore” nelle articolazioni. La gotta è una malattia, molto spesso ereditaria, causata ad un’ eccessiva produzione di acido urico da parte dell’organismo e caratterizzata, nella forma cronica, dai tofi, cioè depositi di cristalli di sale dell’acido urico. Quando si è affetti da gotta può essere utile evitare alcuni cibi ad alto contenuto di purine.

Hot dog: è un panino farcito con un würstel, spesso condito con ketchup, maionese o senape e talvolta accompagnato da verdure (per esempio crauti). Estremamente popolare negli Stati Uniti (dove viene spesso venduto per le strade, negli stadi e altre forme ambulanti), l’hot dog è diffuso in gran parte del mondo (inclusa l’Italia) e in molti luoghi rappresenta uno dei tipi di fast food più comuni. Per la sua scarsità in microelementi e vitamine, e per l’abbondanza calorica oltre che di molecole poco salutari, l’hot dog è notoriamente considerato un junk-food o cibo spazzatura. La ricchezza in calorie, acidi grassi saturi e colesterolo dell’hot dog è la caratteristica negativa più importante dell’alimento. Questi aspetti lo rendono assolutamente inadatto all’alimentazione del soggetto in sovrappeso e/o affetto da ipercolesterolemia. I wurstel sono anche ricchi di conservanti, inoltre, l’abbondanza di sodio (apportato dal sale e da alcuni additivi) rappresenta un fattore nocivo per l’insorgenza e l’ingravescenza dell’ipertensione arteriosa.

Indigestione: Disturbo dei processi digestivi, causato in genere da un eccesso di cibo.

Lievito madre: Il lievito madre è un impasto fermentato in cui si sviluppano batteri e fermenti lattici che, producendo anidride carbonica, favoriscono la lievitazione naturale. E’ una preparazione antica di cui si ha traccia già in antiche civiltà, dove si usava un impasto acido spontaneo per rendere il pane più fragrante. Il lievito madre nasce da un impasto di farina manitoba, una farina forte, ricca di glutine e adatta alle lunghe lievitazioni, e acqua ma per accelerare i tempi di fermentazione solitamente si usa uno starter, cioè uno zucchero. Fare il lievito madre non è semplice: ci vuole pazienza all’inizio, per renderlo attivo e acido al punto giusto, e molta cura dopo, in quanto va tenuto in vita con continui rinfreschi di farina e acqua (giallozafferano.it).

Miracolose (diete): Non esistono metodi facili, pillole, diete o terapie magiche per gestire e controllare il nostro peso. Servono impegno e duro lavoro…

Non ce la posso fare….: “La trasgressione è fondamentale, è gratificante, ti dà la forza di continuare, ti permette di capire come puoi passare dalla dieta alla non dieta gradualmente, con gioia e con successo. Se non si fanno “strappi” e si vive la dieta come momento assoluto di privazione si rischia di sgarrare all’infinito, creandosi un alibi per abbandonare il percorso dietetico” ( Pietro A. Migliaccio, presidente della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione -Sisa).

Odore: Manipolare l’aroma di un cibo può aiutare a perdere peso. I ricercatori non sanno più che cosa inventarsi per aiutare chi vuole dimagrire e un gruppo di studiosi olandesi, guidati da René de Wijk, propone una soluzione originale: giocare sull’intensità dell’aroma di un cibo, per ridurre la dimensione dei bocconi portati alla bocca. I ricercatori sono partiti dalla constatazione che la quantità di cibo introdotto, di volta in volta, in bocca varia da persona a persona, da cibo a cibo e anche, per uno stesso alimento, dalla modificazione di certe sue proprietà, come la viscosità o la sapidità. I cibi solidi, per esempio, richiedono una masticazione più lunga e sono consumati in porzioni più piccole rispetto a quelli semisolidi. Lo stesso vale per i cibi non abituali o per quelli che piacciono meno. Proprio perché la dimensione del boccone è attivamente regolata in risposta a fattori sensoriali, i ricercatori hanno pensato di studiarne la dinamica su una decina di volontari. Hanno perciò somministrato loro diverse porzioni di budino alla vaniglia, variando ogni volta l’intensità dell’aroma, che mettevano letteralmente sotto il naso dei soggetti. E hanno dimostrato, sulle pagine della rivista online Flavour, che quanto più forte era il profumo tanto più piccole erano le porzioni di budino assunte. «Il nostro studio – ha commentato de Wijik – suggerisce che, manipolando l’odore di un alimento, si può ridurre del 5-10 per cento la dimensione del boccone. In questo modo si può imbrogliare l’organismo facendogli credere di essere sazio con una quantità minore di cibo, aiutandolo così a perdere peso». E si sa che i bocconi piccoli danno più rapidamente senso di sazietà rispetto i bocconi grossi e fanno mangiare di meno (corriere.it)

Piccante: Quando mangiamo un peperoncino, nella saliva si scioglie la capsaicina, molecola responsabile del piccante. La sensazione di bruciore è dovuta al nervo trigemino, che è in grado di avvertire anche caldo, freddo e dolore. Il piccante non è quindi un gusto, ma una sensazione trigeminale. Sostanze simili alla capsaicina sono la piperina (pepe), l’allicina (aglio) e lo zingerone (zenzero).

Quinoa: Originaria delle Ande e con 5000 anni di storia alle spalle, la quinoa sembra incarnare il paradigma della sovranità alimentare e della biodiversità, perché è fortemente radicata nelle culture di quei popoli che per secoli l’hanno coltivata e se ne sono cibati, ha grandi proprietà nutritive, è una pianta resistente, con un’alta variabilità morfologica, e finora è stata prodotta con pratiche sostenibili, rispettose di ecosistemi fragili e delicati; perché è sempre stata accessibile sul mercato, garantendo una giusta remunerazione ai produttori. Attualmente, il 90% della produzione è destinato all’esportazione, e la quinoa è sempre più richiesta sul mercato per via della sua versatilità in cucina e delle sue proprietà nutritive – ha un alto contenuto di proteine di origine vegetali, di amminoacidi essenziali e di fibre, è ricca di grassi insaturi ed è priva di glutine, il che la rende commestibile anche per i celiaci.Ma proprio questa fama sul mercato internazionale inizia a presentare aspetti problematici. Primo fra tutti, un considerevole aumento del prezzo, che sul mercato boliviano è quattro volte superiore rispetto a quello del riso o di altri cereali, rendendo di fatto la quinoa inaccessibile a buona parte della popolazione locale che vive in condizioni di indigenza. (Slow Food)

Ricetta: Friselle con alici marinate e pomodoro – Le friselle sono delle specialità tipiche della Puglia: consistono in taralli prodotti con farina di grano duro, (in commercio si trovano anche di farina integrale) che vengono tagliati a metà in senso orizzontale e poi infornati affinchè diventino biscottati. Per condire le classiche friselle pugliesi, in genere si usa solo pomodoro, aglio, olio e sale, mentre in questa ricetta sono arricchite con filetti di alici sott’olio, origano e basilico; le friselle possono essere servite come antipasto (tipo una bruschetta), oppure, in dosi più consistenti, come primo o secondo piatto.
Bagnate le friselle con acqua salata per ammorbidirle (a seconda dei vostri gusti), dopodiché ponetele in un piatto.Tagliate a piccoli pezzetti i pomodori, metteteli in un contenitore e condite con olio, sale, basilico spezzettato, origano e aglio schiacciato che, in alternativa, potete anche solo sfregare sulle friselle.Dividete il composto di pomodoro ponendolo sulle 4 friselle , aggiungete i filetti di alici e poi servite.

Sapore amaro: L’avversione per l’amaro è dovuta al fatto che molti composti nocivi per la salute sono contenuti in vegetali dal gusto amaro. Il nostro organismo ha perciò sviluppato un sistema di difesa contro questi rischi. La capacità di avvertire l’amaro non ha una distribuzione “normale” tra gli individui, ma bimodale: ovvero esistono due tipologie principali che sono state definite tasters e nontasters. Una parte della popolazione ha una forte sensibilità per il gusto amaro (i tasters), mentre un’altra parte ha una bassa sensibilità (i nontasters). La sensibilità all’amaro è più elevata nei bambini e decresce lentamente con l’età e il fenomeno è più evidente nelle femmine; il risultato è che da adulti o da anziani si mangiano cibi amari che da bambini venivano rifiutati. La percezione dell’amaro è un tipico carattere genetico che si trasmette dai genitori ai figli. La sensibilità al gusto amaro varia notevolmente nel mondo: i nontasters rappresentano circa il 3% della popolazione dell’Africa occidentale, più del 40% degli indiani, il 30% dei bianchi del Nord-America. In Italia si stanno svolgendo ricerche sulla genetica del gusto in popolazioni isolate (piccoli villaggi), geneticamente omogenee, che condividono le stesse influenze ambientali. I dati preliminari ottenuti indicano come la frequenzadei nontasters sia circa del 37%.

Tortellini: L’origine del tortellino è contesa tra Modena, Bologna e Castelfranco Emilia. Quando si parla della cucina bolognese si pensa subito ai suoi due maggiori simboli, la mortadella e il tortellino; quest’ultimo in particolare racchiude dentro la sua bontà una serie di leggende, più o meno probabili, che ne vogliono trovare un’origine. Si racconta che in una locanda di Castelfranco dell’Emilia, allora sotto Bologna, giunse una splendida Marchesina. Il cuoco dell’osteria, attratto da tale bellezza, spiò la donna dalla serratura e rimase colpito dal suo ombelico. Quando arrivò il momento di preparare la cena, l’abile chef formò, con sfoglia e ripieno di carne, una nuova prelibatezza, ispirandosi proprio a quel nobile ombelico.
Altri vogliono un’origine divina, sostituendo alla figura della Marchesina, la Dea Venere. Qualunque sia la sua vera storia, il tortellino è conosciuto in tutto il mondo, basti pensare che nel 1904 i tortellini dei fratelli Bertagni furono esposti alla fiera di Los Angeles. Dal dopoguerra, si è diffusa l’usanza di condire il tortellino con la panna, scatenando le furie dei tradizionalisti: il vero tortellino è quello servito in brodo.
I tortellini in brodo erano noti già nel 1550, quando la “minestra dei torteleti” venne citata nel Diario del senato della città di Bologna, all’interno del menu’ dei festeggiamenti per l’insediamento dei nuovi tribuni.
Il ripieno prevede: lombo di maiale (marinato per 2 giorni con aglio, rosmarino, sale e pepe) da cuocere in tegame a fuoco lento con una noce di burro, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, parmigiano, 1 uovo, noce moscata (il tutto da tritare finemente col battilardo). La sfoglia è preparata con farina di grano tenero (“00”) e uova di gallina molto fresche; il tutto deve essere lavorato a mano per almeno 15 minuti e poi la pasta deve riposare per un’ora avvolta in uno strofinaccio.
La sfoglia va tirata col mattarello fino a raggiungere uno spessore uniforme inferiore a 1 mm; si ritagliano quadrati di circa 4 cm (Pellegrino Artusi, gastronomo di fine ‘800, fissò a 37 mm il diametro del disco di pasta) su ognuno di essi si poggia una nocciola di ripieno, si ripiega a triangolo e si modella intorno al dito (indice, il modenese – mignolo, il bolognese).
Il brodo in cui cuocere i tortellini (attenzione a non chiamarli cappelletti, che invece sono più grandi, con sfoglia più spessa e maggior ripieno) è anch’esso diverso a seconda della città: a Modena il brodo è di gallina, preparato la mattina per la sera. A Bologna è di cappone e manzo, e non deve mancare l’osso.

Una mela al giorno: Il vecchio adagio che vuole la mela quale frutto della salute per eccellenza trova ulteriori conferme grazie a un nuovo studio che suggerisce come una mela al giorno può salvare migliaia di vite ogni anno.
Sono stati i ricercatori dell’Università di Oxford ad aver constatato come il consumo giornaliero di mele può prevenire o ritardare circa 8.500 decessi all’anno a causa di eventi cardiovascolari come infarto e ictus. E, a beneficiarne sarebbero soprattutto gli adulti di età compresa tra i 50 anni e oltre: ossia la fascia di età più a rischio. Lo studio, pubblicato sul British Medical Journal (BMJ) si è avvalso di modelli matematici per verificare come l’assunzione di una mela al giorno, abbinata all’assunzione di statine, possa davvero tenere a bada i problemi cardiovascolari. Per far ciò, gli scienziati hanno analizzato gli effetti dell’assunzione di una statina al giorno e di una mela al giorno sulle cause più comuni di mortalità vascolare. I ricercatori hanno ipotizzato un tasso di conformità del 70% e che l’apporto calorico complessivo fosse rimasto costante.
I risultati dello studio hanno così suggerito che l’assunzione sia di statine per coloro che sono a rischio, e sotto cura, e l’assunzione di una mela al giorno possono ridurre in modo significativo il rischio di morte correlato agli eventi cardiovascolari.
«Questo studio dimostra che i piccoli cambiamenti nella dieta e un maggiore uso di statine nella popolazione possono ridurre significativamente la mortalità vascolare nel Regno Unito – scrivono gli autori dello studio – Questa ricerca aggiunge peso alle richieste di un maggiore utilizzo di farmaci per la prevenzione primaria della malattia cardiovascolare, così come per perseverare con politiche volte a migliorare la qualità nutrizionale delle diete nel Regno Unito». (lastampa.it)

Vitamine: Le vitamine sono sostanze organiche, assunte con gli alimenti, indispensabili ai nostri organismi viventi. Esse sono incluse tra i micronutrienti che devono essere assunti con la dieta quotidianamente poiché non vengono sintetizzati dall’organismo umano. Il termine vitamina viene dal tedesco Vitamin, ovvero “ammina della vita” che era il nome dato da Casimir Funk alla tiamina avendo individuato un gruppo amminico nella sua struttura. Considerando la loro solubilità si distinguono e classificano in: vitamine liposolubili, cioè solubili nei grassi: sono le vitamine A, D, E, K, F, Q e vitamine idrosolubili, cioè solubili in acqua: sono le vitamine C, B1, B2, B5, B6, PP, B12, Bc, H. Trattandosi di sostanze già esistenti in natura, le vitamine non sono brevettabili per la legge italiana. (wikipedia).

Zorro: Garçia è il sergente che milita tra le file dell’esercito spagnolo delle truppe d’occupazione, nemico di Zorro. La sua umanità è nota non solo alla gente di San Tasco, ma anche tra i militari. Il sergente Garçia simpatizza per Zorro, non apertamente, visto che la sua carica si oppone a possibili scelte ideali. Eppure, appena può, con azioni a prima vista in linea con le direttive del suo comando, favorisce gli oppressi. È il diretto sottoposto di Gabriel ma spesso non ne comprende gli ordini; parla spesso con Diego degli ordini ricevuti e non capisce perché deve dare la caccia a Zorro che aiuta i deboli. Amante del buon cibo, come suggerisce la sua circonferenza, non è molto alto e la sua mole lo fa sembrare, in varie occasioni, ridicolo, a parte il fatto che è un po’ timido. Il sergente Garçia è il classico personaggio dal buon cuore ma a volte non troppo sveglio.

Bupone Vacanze!

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Pubblicato il: 23 agosto 2014

Argomenti: Alimentazione, Quaderni, Siamo quello che mangiamo

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