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Autoproduzione per il diritto alla terapia. Pisa verso il Cannabis Social Club

Surizar-flickr

Garantire l’uso terapeutico di cannabis per le persone con prescrizione medica. Questo l’obbiettivo primo dell’associazione che si sta costituendo e che prova a mettere i tasselli al posto giusto per la creazione di un Cannabis Social Club a Pisa.

Non un’iniziativa isolata ma un’idea che nasce all’interno della rete antiproibizionista e che vede altre città italiane (Torino, Bergamo, Genova, Bologna, Roma) muoversi per far si che anche in Italia i Cannabis Social Club diventino realtà.

Il fine del Cannabis Social Club è quello di tutelare gli associati nel loro diritto di approvvigionarsi a fine terapeutici

I lavori sono ancora in corso, e il gruppo che conta di costituirsi formalmente in associazione nel 2015, sta studiando insieme agli avvocati e con il sostegno della rete Encod (European Coalition for Just Effective Drug Politicies) come strutturare un’esperienza che incontra gli ostacoli della legislazione italiana.

Lo statuto, in fase di definizione, prevederà che una parte dei soci siano utilizzatori a fini terapeutici di cannabis. Il fine del Cannabis Social Club è quello di tutelare gli associati nel loro diritto ad approvvigionarsi di cannabis, per questo un articolo dello statuto prevederà l’intenzione di procedere alla coltivazione rivolta a coloro che sono in possesso di una prescrizione medica.

La legislazione italiana permette infatti l’uso dei cannabinodi nell’ambito della terapia del dolore. Più restrittiva però l’interpretazione che ne ha dato la Regione Toscana che con la legge regionale n.18 del’8 maggio 2012  intende fornire cannabinoli a carico del servizio sanitario regionale, solo dopo che le terapie “convenzionali” non abbiano recato beneficio.

Nel decreto di attuazione della legge vengono stabilite le patologie ammesse alla cura gratuita a base di Cannabis e si stabilisce che la prima prescrizione debba avvenire nell’ambito di una struttura ospedaliera o ad esse assimilabili, inclusi gli ambulatori. Viene contemplata la possibilità per il paziente di proseguire le cure a casa sua oppure viene rilasciato un piano terapeutico trimestrale che permetterà al medico di famiglia  di  proseguire con la prescrizione.

Cannabis dunque consentita per la terapia del dolore, che però deve essere importata dal Ministero della Salute olandese. “Il Berdocan, l’inflorescenza importata- ci spiega Pierluigi Dell’Aquila tra i fondatori del costituendo Cannabis Social Club – ha costi non irrilevanti e che oscillano a seconda degli ordini di importazione da 10 a 35 euro al grammo”.

“Vai poi sottolineato – prosegue – che gli ordini vengono fatti a cadenza trimestrale perché l’Italia non la produce, e può succedere che le persone che usano cannabis a fine terapeutico non abbiano garantita la continuità terapeutica. Fino ad ora è andata così, adesso vedremo come andrà con la nuova normativa toscana, che invece di semplificare l’accesso alla cannabis sembra complicarlo, costringendo ancora una volta gli utilizzatori a fine terapeutico, a continuare a fornirsi dal mercato nero, con i rischi per la libertà e la salute che conosciamo”.

La finalità dunque è quella di garantire il diritto alla cura attraverso l’autoproduzione, ma anche informare medici, erboristi e agricoltori sugli usi della cannabis. “I principi terapeutici – spiega Pierluigi – sono contenuti anche in varietà consentite dalla legge e prive di THC, pensiamo per esempio alla Carmagnola, originaria del Piemonte, ricca di CBD principio attivo che riduce il dolore degli spasmi muscolari. Allo studio è la possibilità di diminuire i livelli di THC in varietà ricche di principi attivi terapeutici, per andare incontro alle esigenze di chi non gradisce proprio gli effetti del THC”. Ma anche di garantire alle persone che la utilizzano il diritto di scegliere inflorescenze prodotto outdoor che, spiega Pierpaolo Dell’Aquila “sono più ricche di principi attivi rispetto a quelle prodotte in indoor come il Berdocan”.

I Cannabis Social Club sono realtà senza fini di lucro, il loro obbiettivo è quello di creare una sponda per il superamento del modello proibizionista attraverso la valorizzazione della solidarietà e della cultura dell’uso responsabile. Un progetto, quello dei CSC, sostenuto anche  nella Carta dei diritti dei diritti delle persone che usano sostanze redatta a Genova durante l’incontro “Sulle Orme di Don Gallo” della Comunità di San Benedetto al Porto. Nella Carta si rivendica il diritto umano fondamentale a non essere discriminati come utilizzatori, si rivendica il diritto ad essere ascoltati e di sperimentare forme di CSC per uscire dall’oscurità delle politiche proibizioniste.

I Cannabis Social Club possono e vogliono contribuire alla fine della criminalizzazione dell’uso di cannabis

La battaglia da combattere è ovviamente anche sul piano della legge. L’Italia infatti, con l’abolizione della Fini – Giovanardi, ha depenalizzato il possesso e il consumo personale, ma identifica ancora come reato penale la coltivazione per usi personali. Il Belgio racconta Pierluigi Dell’Aquila “prevede invece la coltivazione personale, e là gruppi di coltivatori hanno dato vita a Cannabis Social Club. Realtà ormai moto numerose in Spagna (circa 450 quelli presenti nella sola Catalogna), dove non esiste una legge vera e propria sula questione, ma dove la Corte Costituzionale in diverse sentenze ha ribadito che l’uso e la coltivazione personale non sono penalmente perseguibili.

In Italia esistono alcune sentenze di pochi giudici che hanno stabilito la non rilevanza penale della coltivazione ad uso personale”, ma la strada da compiere è ancora lunga. E esperienze come quelle dei Cannabis Social Club possono e vogliono contribuire alla fine della criminalizzazione dell’uso di cannabis.

E vogliono che il paese sia preparato quando questo avverrà, in modo che il passaggio non sia dal proibizionismo, e quindi da una produzione e distribuzioni in mano alla criminalità, a un monopolio delle grandi case farmaceutiche.

Quello che immagina Pierluigi è un CSC a chilometro zero, con il quale i soci potranno soddisfare il loro fabbisogno terapeutico in maniera sostenibile e nel rispetto dell’ambiente, con grande risparmio in termini sociali ed economici.

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Pubblicato il: 23 novembre 2014

Argomenti: Pisa, Salute - Sanità, Sociale

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