MENU

Danza. Dai classici le infinite interpretazioni, gli universali, gli immaginari

Giselle-ph-Alessandro-Botticelli

di Silvia Poletti*

Per dirla con Italo Calvino, un classico è un’opera che esercita un’influenza particolare sia quando si impone come indimenticabile, sia quando si nasconde nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da ‘inconscio’ collettivo. Anche nel caso del teatro di danza, al di là del vocabolario accademico con il quale sono stati creati, si può dire che alcuni balletti sono più ‘classici’ di altri. Classici proprio perché si insinuano nella nostra memoria regalandoci visioni esaltanti di bellezza ma suscitando, anche, emozioni profonde, che superano i confini dello spettacolo e ci parlano di temi universali – l’amore, il mistero della morte, le speranze e le illusioni dell’infanzia e della giovinezza.

La sfida intellettuale, estetica e teatrale lanciata dai classici del balletto è inesauribile e sempre pronta a offrire nuove ipotesi di interpretazione

Vere e proprie opere aperte capaci di mostrare innumerevoli risvolti e maniere di essere comprese e amate, dalla fine degli anni settanta del Novecento questi classici hanno affermato la loro forza poetica e la loro poderosa valenza artistica con l’arrivo sulla scena di una generazione di coreografi che, consci del proprio legame con il passato ma ancor più determinati a sperimentare la propria forza autoriale, hanno deciso di confrontarsi direttamente con gli originali per interpretarne l’essenza e la tradizione attraverso il proprio immaginario.

Non è un caso che il primo classico ad essere affrontato, fin dagli anni ’70 del Novecento sia stato Il Lago dei Cigni, nell’immaginario pubblico fin da subito perfetta sintesi del balletto classico con l’identificazione dell’ideale della danza nel tutù bianco della protagonista – lei stessa idealizzazione di una natura che non ha ormai niente più di umano, ormai allegoria di una bellezza irraggiungibile: ad affascinare, in molti casi, è proprio il Cigno Bianco e il suo doppio, in Nero, simboli delle ambiguità e i lati oscuri dell’anima. Un tema così forte e immediatamente leggibile da ‘sfondare’, come ben sappiamo, anche nel cinema, che ne ha sancito la dimensione iconografica e simbolica nel discusso/discutibile film di Darren Aronofsky.

E poi Giselle, di fatto l’opera perfetta – grazie all’ equilibrio tra la forma coreografica e l’emozionante drammaturgia non a caso immaginata da un poeta come Theophile Gautier che ne fece la quintessenza dell’esprit romantique con la sua fascinazione per la morte per amore e il tema del perdono. Infine Lo Schiaccianoci con le sue fascinazioni oniriche, il mistero del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, la poesia dell’illusione ammantata di festoni e dolcezze natalizie.

Ripensando alle numerose (e alcune illuminanti) riletture di questi titoli degli ultimi quarant’anni, si può davvero affermare che la sfida intellettuale, estetica e teatrale lanciata dai classici del balletto sia inesauribile e sempre pronta a offrire nuove ipotesi di interpretazione, insieme autonomamente valide e sottilmente devote all’archetipo.

E in questo senso va inteso il progetto che caratterizza il cartellone danza del Teatro di Pisa per la Stagione 2015: un percorso di riproposta proprio di questi tre archetipi ballettistici ( Lago dei Cigni, Giselle, Lo Schiaccianoci) attraverso la rilettura di autori italiani dalla cifra espressiva personale e dalla stimolante capacità di interpretazione. Un percorso, che proprio per sottolineare il processo di trasformazione di un classico e la decifrazione delle sue molteplici chiavi di lettura, desidera però accostare agli spettacoli in scena una specie di ‘visita guidata’ che attraverso estratti video delle loro più famose versioni/interpretazioni si propone di offrire riferimenti storici e i contesti in cui sono stati creati e ri-creati delineando i fondamentali passaggi, le innovazioni e le decifrazioni che nel corso della loro storia centenaria hanno permesso un costante rinnovamento.

Accanto a questi titoli, altri del cartellone pisano confermano comunque la rinnovata attenzione di molti autori della danza di oggi per la coreografia drammatica e di narrazione. Partendo da fonti letterarie (l’eterno Shakespeare di Romeo e Giulietta e Macbeth per esempio, o lo Schiller di Maria Stuarda o ancora il Kazantzakis dell’epico Zorba) altrettanti spettacoli in scena si propongono infatti di declinarne le tracce e tracciare le psicologie dei protagonisti attraverso vocabolari della danza che da echi folclorici toccano il contemporaneo fino ad arrivare addirittura al tango.

Del resto se anche a tutta prima la danza sembra offrirsi puntando solo sull’esuberanza atletica e le dinamiche travolgenti e piene di energia – come ci mostrano le inesauribili invenzioni formali dei Kataklò o David Parsons- a ben guardare, al di là del movimento puro c’è sempre un significato espressivo, c’è un perché, un modo di comunicare diverso, che attraverso le emozioni e la fantasia arriva all’intelligenza e alla curiosità e ci ammalia spesso in maniera irreversibile.

*giornalista e critico di danza

Download PDF

Scritto da:

Pubblicato il: 5 dicembre 2014

Argomenti: Cultura, Teatro

Visto da: 849 persone

, , , , ,

Post relativi

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi paginaQ per email

Ciao!
Iscriviti alla newsletter di Pagina Q
Se lo farai ci aiuterai a far vivere l’informazione nella nostra città e riceverai la versione mail del quotidiano.
Naturalmente non cederemo a nessuno il tuo indirizzo e potrai sempre annullare la tua iscrizione con un semplice click sul link che troverai in ogni nostra mail.