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Siamo quello che mangiamo Meno mucche, più carote: il reducetarianesimo

carote

Una sorta  di “vegetarianesimo light”, che non elimina completamente dalla dieta carne e alimenti di origine animale, ma riduce il conusmo di carne, pesce e latticini allo scopo di migliorare la salute individuale e salvaguardare l’ambiente


Il reducetarianesimo che arriva dal Regno Unito sembra un po’ la scoperta dell’acqua calda, ossia di quello che buon senso e evidenze scientifiche affermano da tempo. Il sito ufficiale Reducetarian.com definisce così questo stile alimentare: “È un’identità, una comunità e un movimento. È composto da individui che intendono mangiare meno carne – carne rossa, pollame, pesce e la carne di ogni altro animale. Il concetto è interessante, perché non tutti sono in grado di eliminare completamente la carne dalle loro diete”.

Una specie di “vegetarianesimo light”, a cui è più semplice aderire perché consente di non eliminare completamente dalla dieta carne e alimenti di origine animale: la filosofia di Brian Kateman, ideatore del reducetarianesimo, propone di ridurre il consumo di carne, pesce e latticini allo scopo di migliorare la salute individuale e salvaguardare l’ambiente attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, su cui la produzione di carne incide per il 20% del totale, e il minor consumo di una preziosa risorsa come l’acqua.

Il concetto del “ mangiare meno, mangiare meglio” rispetto al consumo di carne, è stato riaffermato nel 2013 da uno studio delle Nazioni Unite (Our Nutrient World), in cui gli esperti avevano caldamente consigliato alle popolazioni del mondo ricco di diventare “demitarian”, ovvero di dimezzare la quantità di carne a beneficio dell’ambiente.

Il movimento si sta facendo largo tra i social network (hashtag #lessmeat), e contemporaneamente ha lanciato una campagna di crowdfunding (raccolta fondi in rete, ndr) per realizzare una piattaforma di educazione al reducetarianesimo, che si è conclusa con un ricavo di oltre 15mila dollari.

Ma come mangiano i veri reducetariani (molti di noi magari già lo sono e si riconosceranno in questo stile alimentare)? Per i primi 30 giorni si prende l’impegno “meno carne”: si sceglie un giorno della settimana in cui non si consumano carni o proteine di origine animale; negli altri giorni, se si mangia carne a pranzo , non se ne consuma a cena (e viceversa). è fondamentale acquistare esclusivamente carne prodotta da allevamenti in cui gli animali sono nutriti al pascolo e ridurre le porzioni (la porzione suggerita della bistecca passa da circa 450 gr a circa 225 gr).

Passato il mese l’auspicio è che questo diventi uno stile di vita da cui si sceglie di non tornare indietro, dato che la carne, a differenza di quanto accade nell’alimentazione vegetariana (che secondo un sondaggio dello Humane Research Council viene, nell’arco di un anno, abbandonata dall’84% di chi l’abbraccia), non viene del tutto eliminata dalla dieta ma ne viene ridotto notevolmente il contenuto, quindi la scelta è meno drastica.

Kateman è convinto che questa sia una scelta alla portata di tutti e importante da fare a livello etico, di difesa dell’ambiente ma vantaggiosa anche salutisticamente parlando. Sul suo blog si legge:

È SALUTARE: mangiando meno carne e più frutta e verdura, i reducetariani vivono più a lungo, in salute e felici.

È FACILE: i reducetariani fissano obiettivi facilmente raggiungibili per imparare a mangiare in maniera graduale meno carne.

È ETICO: mangiare meno carne è importante per il benessere degli animali e dell’ambiente.

Queste sono anche le regole dell’alimentazione mediterranea, per cui i benefici per la salute sono fuori discussione; è certo che coinvolgendo le persone anche sul piano etico e ambientale, si può estendere questo stile alimentare anche a persone che trascurano la propria salute ma sono interessate a quella del pianeta.

 

 

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Pubblicato il: 18 gennaio 2015

Argomenti: Quaderni, Siamo quello che mangiamo

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