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SerieQ Wolf Hall

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Thomas Cromwell, figlio di un fabbro, prima braccio destro del cardinale Wolsley, poi di Enrico VIII, è un self-made man dotato di smisurata ambizione e di pericolosa lucidità, nonché il consigliere politico all’ombra dello scisma anglicano


Stessa storia, ma tutta diversa, quella raccontata da Wolf Hall, una mini-serie serissima. Il prodotto BBC Two infatti si assicura che l’argomento storico sia trattato con la massima compostezza, imponendo che lo stile si adegui al contenuto. Il sesso rinascimentale non è che accennato; l’umorismo, i personaggi sarcastici e saccenti sono banditi: al massimo si dileggia il petto di Anna Bolena o le tesi luterane.

La storia si nobilita seguendo gli eventi dal punto di vista (eccellente e privilegiato) di Thomas Cromwell. Figlio di un fabbro, prima braccio destro del cardinale Wolsley, poi di Enrico VIII, è un self-made man dotato di smisurata ambizione e di pericolosa lucidità, nonché il consigliere politico all’ombra dello scisma anglicano.

Mark Rylance in Wolf HallLa prima delle sei puntate è la base degli eventi che si sviluppano nella prima stagione nonché parabola dell’ascesa di Cromwell: dapprima signor “nessuno”, poi consigliere fidato del cardinale Wolsley. Proprio la figura del cardinale cattolico è fondamentale per la mini-serie: l’uomo, opponendosi al divorzio del re, si attira l’avversione di Anna Bolena e caduto ormai in disgrazia, muore. Per vendicare la sua sorte, il Thomas Cromwell di Wolf Hall (o meglio, dei libri di Hilary Mantel, da cui lo show è tratto) decide di entrare nelle grazie dei carnefici del suo “master”: di macchinare e tramare, aspettando che arrivi il momento giusto per eseguire la sua cruda vendetta.

Chi non ama un freddo stratega? Curioso: la nostra epoca è profondamente disaffezionata alla politica, eppure è proprio sui politici che sono incentrate alcune delle migliori serie di questi anni. Ebbene, Frank Underwood è uno yankee chiacchierone in confronto al laconico, magnetico e indecifrabile Thomas Cromwell.

Fastidioso, ma appropriato, lo spazio riservato alle figure femminili. Quando Anna Bolena dà alla luce una bambina, Enrico sentenzia: “Call her Elizabeth. Cancel the jousts“. Del resto, nell’Inghilterra rinascimentale una donna non poteva far altro che sollevare al ritmo dell’affannato respiro il petto pallido, magari arrossendo e abbassando lo sguardo. La stessa Anna Bolena riesce ad ottenere il massimo risultato per l’epoca, ma ben presto le sorti dell’ambiziosa concubina vengono rovesciate. Non per spoilerare eventi noti da secoli, eh.

Il mondo di Wolf Hall è essenzialmente violento: però, in realtà, la violenza è solo un aspetto del problema del predominio. L’homo homini lupus si attualizza drammaticamente alla corte di Enrico VIII, ossia il ring di una folle e spietata lotta per una posizione, sia di consigliere politico o di moglie.

Wolf Hall è una serie meravigliosa, ma impone allo spettatore un grande sforzo: non ci sono spiegoni stile Bignami, le situazioni e i personaggi non sono sempre espliciti. Ma del resto, neanche la vita è tanto esplicita, so deal with it.

Menzione d’onore alla recitazione: l’Enrico VIII di Damian Lewis è convincente, ma impallidisce di fronte al cardinale Wolsley di Jonathan Pryce e (soprattutto) all’interpretazione prodigiosa e incredibile del Cromwell di Mark Rylance, attore di teatro di origini inglesi e di talento smisurato.

Insomma, negli ultimi tempi l’epopea dei Tudor era caduta un po’ nella soap-opera: a rinnovarlo e dotarlo nuovamente di regale dignità sono arrivati due romanzi (pluri-premiati e discussi) di Hilary Mantels. Proprio su questi due romanzi si sono basate le sei puntate di Wolf Hall, capaci di far registrare alla BBC Two gli ascolti più alti del decennio. Insomma, ancora una volta, con la loro preziosa descrizione del passato, gli inglesi sfornano un piccolo capolavoro.

(Questo pezzo è stato pubblicato anche su Subsfactory)

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Pubblicato il: 12 marzo 2015

Argomenti: Quaderni, SerieQ

Visto da: 735 persone

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