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Diario dal Kurdistan, giorno tre. A Viransehir l’incontro con i profughi ezidi

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Città a maggioranza kurda a 53 km dalla Siria, Viransehir è amministrata da un sindaco e da una co-sindaca del partito DBP. Il racconto di Francesco Stea Pagliai in Kurdistan per i festeggiamenti per il Newroz


Viransehir, città a maggioranza kurda, circa centomila abitanti, 93 chilometri a est di Urfa e sempre 53 dal confine con la Siria. Incontriamo il sindaco (nel pomeriggio vedremo la co-sindaca), del partito DBP di cui abbiamo già parlato. Il movimento kurdo ha cominciato a partecipare alla politica istituzionale turca negli anni ’90, riuscendo a conquistare i primi sindaci, fra cui quello di Viransehir, nel 1999. La storia del partito e dei suoi amministratori è costellata di arresti, in particolare con vari sindaci arrestati nel 2009, fra cui il nostro interlocutore che ha passato in carcere quattro anni e mezzo senza essere stato condannato ufficialmente da alcun tribunale. Tra il 2009 e il 2013 più di diecimila dirigenti, consiglieri e amministratori sono stati arrestati, ma ciò nonostante il movimento ha continuato a crescere, e oggi il DBP nel kurdistan turco esprime 102 sindaci (anzi, 102 coppie di co-sindaci, con un uomo e una donna), comprese alcune grandi città.

Contro la ragion di stato, le convenienze economiche e politiche dei governi, è la cooperazione internazionale fra municipalità e associazioni che può fare fronte comune in questo scontro

Contro la narrazione dello “scontro di civiltà”, il sindaco di Viransehir ci parla di un altro conflitto in atto, in Medio Oriente e non solo: quello fra un sistema che vuole omologare e distruggere ogni differenza (e poco cambia se sia lo stato turco di qua dal confine o lo stato islamico al di là), e un sistema che riconosce, rispetta, tutela e valorizza tutte le identità e le differenze, fra popoli e fra individui, costruendo una società libera e democratica per tutte e tutti (di nuovo, nelle municipalità kurdo-turche come nei cantoni autonomi del Rojava siriano). Contro la ragion di stato e le convenienze economiche e politiche dei governi, è la diplomazia dal basso, la cooperazione internazionale fra municipalità e associazioni, che può fare fronte comune in questo scontro.

I kurdi sono sostenitori dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea

Le elezioni politiche di giugno si avvicinano: la sfida del DBP e della coalizione HDP è sconfiggere il clientelismo del partito islamico AKP e cambiare il carattere centralista e nazionalista dello stato turco e la sua Costituzione, redatta dai militari dopo il colpo di Stato del 1980. Le leggi cosiddette “antiterrorismo” limitano fortemente la libertà di espressione: fino a pochi anni fa era passibile di arresto chi, parlando del leader kurdo Ocalan, non vi avesse sempre abbinato l’appellativo “terrorista”; la polizia e le prefetture hanno poteri pressoché assoluti, mentre in uno stato formalmente laico la religione professata viene riportata sulla carta d’identità e chi ha scritto qualcosa di diverso da “musulmano” si vede di fatto negato l’accesso alle carriere più alte e alla pubblica amministrazione. Nei tribunali i processi si tengono in turco e solo in turco si devono difendere anche i cittadini di madrelingua kurda. I kurdi sono sostenitori dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea: ciò significherebbe doversi adeguare ai nostri standard di rispetto dei diritti umani e di garanzie democratiche.

Poco fuori Viransehir la municipalità ha allestito un campo per i profughi ezidi in fuga dal Sinjar, la zona montuosa fra Iraq e Siria attaccata dall’Isis nell’agosto del 2014. Gli ezidi sono un antico culto pre-islamico simile allo zoroastrismo, storicamente perseguitati da tutte le religioni e i governi dell’area (ci viene detto che quello dell’Isis è il settantatreesimo massacro subito nella loro storia). Nel campo rimangono circa centocinquanta persone, molte sono già tornate oltre confine o si sono spostate in altre città; una folata di vento e qualche goccia di pioggia ci danno solo una suggestione di cosa possa essere stato passare l’inverno nelle tende. Qui incontriamo la co-sindaca di Viransehir; la struttura è stata realizzata dalle autorità locali con il generoso aiuto della popolazione e dei kurdi di tutto il paese e della diaspora.

Due insegnanti donne dirigono il campo e fanno scuola ai bambini, in kurdo (mentre nell’unico campo allestito dalla Protezione civile turca si insegna in turco, come in tutto il paese), e cercano di provvedere anche alle necessità materiali e psicologiche dei più piccoli e delle loro famiglie; c’è anche un cineforum kurdo.

Gli ezidi hanno visto di tutto e lo raccontano

Abbiamo pudore a fare domande, gli ezidi hanno visto di tutto e lo raccontano: decapitazioni, donne e ragazzine uccise, rapite, vendute, violentate; profughi morti di fame e di sete durante i giorni di fuga sulle montagne; sono state le milizie del PKK, a cui esprimono tutta la loro gratitudine, ad attaccare l’ISIS ed aprire un corridoio per la fuga verso la Turchia, salvando migliaia di persone. Forte è la preoccupazione per la sorte delle donne ancora in mano ai fanatici dello Stato Islamico a caccia di mogli e schiave. Finché c’è l’ISIS gli ezidi non possono tornare alle loro case: sono “blasfemi”, “infedeli”, più e peggio di cristiani o ebrei, e contro di loro, per gli islamisti, tutto è lecito, anzi è cosa buona e meritoria per guadagnarsi il paradiso. Ci chiedono di far conoscere la loro situazione, sperano nell’Europa per poter tornare sicuri nelle loro terre oppure per avere asilo, ma dopo essere scampati ai massacri non vogliono rischiare la vita attraversando il Mediterraneo sui barconi.

Al campo si distribuisce il pane e il pranzo. Sulla strada del ritorno facciamo in tempo a passare alla Casa delle donne, un luogo libero dove le donne possono riunirsi, stare insieme, trovare ascolto, insegnare e imparare, e poi al centro culturale, una grande struttura polifunzionale dedicata a conoscere e far conoscere la cultura e l’arte kurda in tutte le sue espressioni. Domani ci divideremo fra chi parteciperà al grande Newroz di Dyiarbakir e chi si dirigerà verso il confine con lo sguardo rivolto a Kobane.

Francesco Stea Pagliai

Il diario del giorno uno

Il diario del giorno due

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Pubblicato il: 21 marzo 2015

Argomenti: Mondo, Politica

Visto da: 1102 persone

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