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Lenticchie Quando finisce una relazione su Facebook

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 Se già lasciarsi è qualcosa di poco piacevole, da quando c’è Facebook è diventato particolarmente disgustoso. Tra quelli che si disperano, che stalkerizzano o mostrano il lato peggiore di sé


Ma sì, sì, si sa che quando finisce una relazione si patisce, si frigna, si piange, ci si dispera e tutta una serie di mestizie di questo genere. La fine dell’aMMore in sé, però, non è la parte peggiore del funerale di coppia. Spesso e volentieri, sul nostro caro vecchio infido Facebook, si assiste a un vero e proprio iter di distacco, invettiva, odio, rabbia devastante o sputtanamenti di varia natura.
Lo svolgimento di questa prassi, che dopo mesi di monitoraggio diventa prevedibile come il pagamento dei MAV universitari, dipende dalla natura dei soggetti protagonisti.

Possiamo dividere le specie dei NeoSingle in due macrocategorie:

1) quelli che su Facebook sono “impegnati”, “fidanzati ufficialmente”, “conviventi” o addirittura idillicamente (e virtualmente) “sposati”.

2) quelli che non hanno una relazione visibile su Facebook ma che riempiono la dolce metà di link, foto, frasi, cuoricini e altri segnali che marchiano il territorio-bacheca altrui.

Il gruppo numero 1 è quello che dà le soddisfazioni più visibili ed evidenti. Perché, chiaramente, una volta finita la storia, bisogna cambiare il proprio status sentimentale. Eh. Perciò si passa immantinente da “Impegnato” a “single”. I più melodrammatici si mettono direttamente “vedovi”.
Aspettiamo con ansia l’opzione “sul cornicione del sesto piano”.

Quando il social network diventa lo specchio della felicità perduta

Subito dopo inizia una sbrodolata di lamentazioni funebri, foto che ritraevano la coppia felice, ricordi di gite a Parigi, Roma, Berlino, l’orrido di Botri, quella volta in cui lui/lei pestò la cacata principesca di una mucca in Molise, l’episodio esilarantissimo di quando lui/lei ha vomitato all’altro sulle scarpe, primi piani di bicchieri di aperitivi, cuori, cuoricini, canzoni, pranzi di famiglia, foto a letto, foto sotto il letto, letto sfatto con lui/lei che vi dorme sbavando dall’angolo della bocca, insomma tutta una serie di puntelli che mirano unicamente a mostrare la perduta felicità. Felicità che diventa veramente condivisa sul social solo quando entrambi trovano un altro – generalmente nell’arco di tre, quattro giorni – e smettono di postare flagellazioni e tagliamenti di vene circonfusi di quell’aura di analfabetismo che rende i post un minestrone di “cè”, “pò”, “se avremmo” e simili.

Il gruppo numero 2, come abbiamo visto, non ama le dichiarazioni ufficiali ma preferisce i messaggi subliminali in stile Ehi voi creatorucole pezzenti, IO metto i cuoricini sul profilo di LUI/LEI perché lui/lei è solo e unicamente MIO/MIO. Lo stesso stile allusivo e discreto viene applicato anche quando la storia finisce e di cuoricini sul profilo altrui non se ne vedono più.

C’è un sotto gruppo intellettualoide che posterà ad libitum canzoni di Guccini, De Andrè, Capossela, Verdena, Zen Circus e Battiato, corredate di citazioni delle stesse in cui, in maniera incontrovertibile, finiscono riferimenti alla storia rotta poco prima.

Ci sono poi gli infamatori professionisti, che passeranno metà del proprio pomeriggio a stalkerizzare il profilo dell’oramai ex, per poi urlare sulla propria pagina personale – con un uso irritante e continuo del caps lock – ogni tipo conosciuto di insulti fino alla sesta generazione.

Infine, e forse sono i migliori, ci sono i NeoSingle che scelgono la terza via: il libertinaggio assoluto. E quindi via a foto seminude in pose semiporno in contesti semiorgiastici. Via a inneggiamenti all’amore promiscuo e preferibilmente in contemporanea, via a canzoncine in cui ricorrono termini come Tijuana, birra, sesso, marijuana, via a una serie di autoscatti in mutande, pettorali, reggiseni, pizzi, merletti e lingue di fuori. Tutte cose che, naturalmente, durante la vita di coppia si era ben lungi dal fare e anzi erano oggetto di profonde critiche moraleggianti a sfondo cattolico.

Insomma, se già lasciarsi è qualcosa di poco piacevole, da quando c’è Facebook è diventato particolarmente disgustoso.

Voglio dire, se pure non postate foto di voi al cesso, sappiamo che il cesso ce lo avete. Allo stesso modo, se pure non postate foto di voi abbarbicati ai pali della luce, o piangenti su una panchina della bretellina per Gallicano, ecco, sappiamo che con una storia finita alle spalle si patisce, ma la vita continua.

Coraggio, su.

Alessia Terrusi

 

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Pubblicato il: 1 maggio 2015

Argomenti: Lenticchie, Quaderni

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