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Il teatro secondo Sara ed Hengel (Teatro Cantiere)

Carissimi amici di Grand-Quignol!, con l’articolo di oggi si conclude la “Trilogia Danese” (vedi Ultime notizie dal Popolo Segreto e Chiaro Enigma).
Si, siamo tornati dalla gelida Scandinavia e questo passaggio dal freddo al caldo, dall’ordine al disordine, dalla magia alla realtà, dal teatro alla Coop, ci ha frastornato tutti. Siamo ancora ubriachi. E non solo della Tuborg Grøn che tanto piace a Sara o dello Champagne che alla cena-performance per i 50 anni dell’Odin Teatret ha messo le bollicine all’anima di tutti gli invitati. Siamo ebbri soprattutto di altro, come avrete ben capito.
Il problema però è che attualmente non siamo in grado di descrivervi cosa abbiamo provato. Proprio noi, teatranti senza peli sulla lingua, grandi esperti di sintassi creativa e comunicazione fisica, ci ritroviamo muti e increduli al ricordo di ciò che abbiamo testé vissuto. Ma da grandi mattatori quali siamo, proveremo comunque a superare l’impasse lasciando la parola a tre persone che consideriamo importanti. Sono venute con noi ad Holstebro, a festeggiare l’Odin Teatret e pur senza invito sono state accolte dal Popolo Segreto a braccia aperte. E’ grazie a loro se per Sara e me questi giorni hanno avuto un sapore così piacevole, in particolar modo perché ci hanno confermato una volta per tutte che non è una nostra fissazione: l’Odin è davvero qualcosa di molto, molto, molto speciale.
Eccovi quindi i commenti di un altro pezzo di Teatro Cantiere: Davide, fondatore con noi del gruppo, Alessandra, Dario, nuovi scintillanti arrivati. E le immagini che al solito sapranno dirvi più delle parole.

DAVIDE
Sono appena tornato dalla Danimarca e voglio subito ritornarci. Ho lasciato un luogo dove la gente è stragentile e tutto funziona così bene che non ti viene voglia neanche di violare le regole. Invece, appena arrivato in Italia trovo un traffico scomposto di veicoli scassati e dei tizi che rubano soldi dalle macchinette con uno che si gira verso di me e mi fa “SHHHSHHHHH”. Mi viene una grande nostalgia e il mio cervello, in pieno Jet Leg culturale, vuole spegnersi per svegliarsi di là. Alterno fasi di nostalgia a fasi di realismo e ripercorro con la mente giorno per giorno, spettacolo per spettacolo, canto per canto e mi sento come un bambino che non vuole andare via dalle giostre. Era da tanto tempo che volevo andare all’Odin e finalmente è successo. Sono entrato nel luogo di cui avevo tanto sentito parlare nei libri e che avevo vissuto dalle parole di Hengel e Sara.
Passiamo direttamente dall’entrata come nei matrimoni. In un Zac sono dentro la casa. Appesi ai muri ci sono decine di poster degli spettacoli e maschere che rimandano a culture lontane. Mi faccio trasportare dalle immagini nelle stampe, molte delle quali non avevo mai visto prima. I poster lasciano il posto a oggetti di ogni tipo: statuine, strumenti, stanze, ecc… Percepisco che ciascun oggetto ha un gran valore e, a dirla tutta, avrei anche voglia di possedere molte delle cose che vedo. Io non sono un collezionista, però quello che sento è un’aura di preziosità intorno agli oggetti. Parlo di quelle preziosità che senti quando hai davanti bellezze che non avrai più la possibilità di avere. Come se possederli potesse svelarti qualche importantissimo segreto. Ecco quella è la sensazione.

I luoghi si popolano velocemente. La gente intorno a me parla in Danese, Spagnolo, Francese, Inglese e con mio grande stupore in Italiano. Anzi, la gente parla più in italiano che in altre lingue. È la prima volta che in un paese diverso dall’Italia sento parlare italiano. Si, lo so non sono mai stato a Londra. Comunque, mi fa piacere che ci sia qualche italiano. Non so perché!
Da subito, ho avuto la sensazione di conoscere tutto e tutti. Ciao! Ciao! Ciao! Come se fossi lì da una vita. Invece no, ero lì solo da qualche ora. Sto bene e mi sento a mio agio. Come se fossi a casa mia. Ecco, mi sento a casa.
Il teatro qui è presente e sottintende tutto. Si materializza in molteplici forme e significati. Sento il teatro in un lavoro continuo che non ha orari. Lo sento nella cura degli spazi per gli ospiti che arrivano. Nel fare prima che venga chiesto e nel dare senza chiedere niente in cambio. Che bello questo modo di vivere!
Il giorno dopo: “Maracas, chi è quello che sta raccogliendo le pigne con me alle 7.30 del mattino!?” È Eugenio! Penso tra me e me, l’Eugenio che penso io è qua insieme all’ultimo arrivato a lavorare chino sulla terra, a fare l’ultimo dei lavori? Certo che è proprio strano! Mi piace questa situazione. Non lo saluto neanche e lui ricambia.
Gli ospiti dopo un po’ cominciano ad arrivare. Sono già le 9 e c’è fermento nell’aria.
Cominciano le prove generali della parata che ci sarà il giorno dopo. Stessi orari e stesse sequenze ripetute più e più volte. Eugenio ogni tanto grida e si agita ma poi si ridesta subito.
Mi colpisce la cazziata ad una delle sue attrici più esperte, Roberta Carreri. Un grido che sale sopra gli altri rumori. “Roberta che fai, al centro al centro”. Aveva sbagliato di qualche metro la posizione dell’entrata. Il vento non ci lascia mai e i preparativi continuano. Quando vado via lui è ancora lì. Mi chiedo: “ma non si rilassa mai?!?”. È stato il primo ad arrivare e l’ultimo ad andar via.
I giorni intanto passano e le esperienze insieme a questo gruppo di matti, si accumulano e maturo ogni giorno di più la consapevolezza della loro qualità artistica e umana. Non sono il solo.
Il giorno della partenza, penso che ci sia qualcosa di magico qui guardando fuori.
Sono certo che ritornerò. A presto.

ALESSANDRA
Cosa è l’Odin Teatret? è casa.
Appena arrivati non ci credevo. in fondo come si fa a chiamare casa un posto così sperduto nel mondo che pare non avere nulla a che fare con me, col mio vissuto, con la mia storia.
Casa è altra cosa.
È bastato un soffio. un soffio di vita. la condivisione, storie improbabili, persone incredibili, che parevano uscite da un mondo di fiabe.
e qualcosa dentro iniziava a muoversi. all’inizio timido, un nodo si è presentato a livello della bocca dello stomaco, come una sensazione di “fastidio”.
tre giorni.
un climax ascendente. che ha avuto il culmine nella giornata di sabato. come descrivere la sequenza di emozioni che si sono ripetute una dopo l’altra, a sconquassarmi tutta?
Come fare a condividerlo? spettacoli, nel vero senso della parola, che riuscivano a toccare le anime e a smuovere emozioni dimenticate, e il fastidio si tramutava in vita, pulsante, dentro me, fino a non riuscire a trattenerla, a non riuscire a stare ferma, come ubriaca, inebriata dalle emozioni, mi muovevo nella città sconosciuta che era diventata la mia patria, guardando, sfiorando, ammirando chi mettendosi a nudo mi regalava il “suo” teatro. e la mente finalmente mi abbandonava, per lasciare spazio alla “pancia”, accompagnata sempre dalle uniche persone che in quella circostanza, con uno sguardo potevano capirmi, perché stavano provando le stesse cose. e che forse non sono riuscita ancora ad esprimere, nel freddo rigore di parole battute sulla tastiera, ma che ancora, a ripensare, riesce a farmi sorridere.
è stato realmente doloroso abbandonare quel posto. il viaggio di ritorno è stato mesto, silenzioso, ma prezioso, per poter fare sedimentare le emozioni, per non disperderle, per curarle e farsi cullare ancora un poco.
cos’è l’Odin Teatret? è casa. ora lo so. è la mia piccola patria sul mare del nord.

DARIO
Una mano le cui
dita sono serpenti
stringe il mio cuore.
Figure festose coperte da un velo
di morte
mi invitano a giocare.
I sogni della giovinezza
svaniscono e riappaiono
in maschere vecchie di 50 anni.
Quanta vita brucia
davanti ai miei occhi.
Niente sarà più come prima.

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Scritto da:

Pubblicato il: 29 giugno 2014

Argomenti: Mondo, Pisani a giro, Quaderni, Teatro

Visto da: 2028 persone

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2 risposte a: GRAND-QUIGNOL Home is where you are happy

  1. avatar federoti scrive:

    Ditemi che avete visto Rangda dal vivo! Che pezzo di femmina!

  2. avatar Teatro Cantiere scrive:

    Purtroppo lei non c’era, ma abbiamo incontrato quel maiale di Barong Bangkal, cosa piuttosto rara….

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