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Siamo quello che mangiamo La sensibilità da glutine non celiaca

grano

La sensibilità al glutine non celiaca (SGNC) è un disturbo caratterizzato da sintomi intestinali ed extra-intestinali correlati all’ingestione di glutine in soggetti non celiaci (MC) e non allergici al frumento (AF). È stata originariamente descritta nel 1980 e approfondita negli ultimi 20 anni.
La MC è una patologia cronica immunomediata che colpisce il piccolo intestino; è scatenata dall’esposizione al glutine e alle prolamine correlate in soggetti geneticamente predisposti che presentano specifici autoanticorpi contro la transglutaminasi tissutale 2 (anti-TG2).
La AF è una reazione solitamente IgE mediata alle proteine del grano. Nella patogenesi della AF,gli anticorpi IgE specifici per il grano hanno un ruolo centrale, ma è descritta una forma non IgE-mediata, quest’ultima difficile da distinguere dalla SGNC.

Recentemente è stata affrontata la questione della definizione dei “disturbi glutine correlati” e vi è un accordo generale sul fatto che tale nomenclatura sia un termine ombrello da utilizzare per descrivere tutte le condizioni relative alla ingestione di alimenti contenenti glutine (MC, SGNC e AF).

La SGNC è una condizione in cui i sintomi sono legati all‘ingestione di glutine in assenza di anticorpi specifici per celiachia e della classica atrofia dei villi del piccolo intestino.
La prevalenza della SGNC nella popolazione generale è ancora sconosciuta, soprattutto perché attualmente molti pazienti sono auto-diagnosticati e hanno iniziato una dieta priva di glutine senza un precedente consulto medico. Tuttavia, nuovi dati suggeriscono che la SGNC sia un disturbo frequente con una prevalenza del 5% nella popolazione generale.

La SGNC è caratterizzata da sintomi che si sviluppano in seguito alla ingestione di glutine, scompaiono con la sua eliminazione dalla dieta e ricompaiono dopo la sua reintroduzione, solitamente entro ore o pochi giorni. Si presenta tipicamente come una combinazione di sintomi intestinali, tra cui dolore addominale, gonfiore, alterazioni dell’alvo (diarrea o stipsi); sono inoltre presenti manifestazioni sistemiche come “mente annebbiata “, mal di testa, affaticamento, dolore muscolare e articolare, dermatite (eczema o eruzioni cutanee), depressione e anemia. Molti pazienti con SGNC riferiscono la relazione causale tra ingestione di alimenti contenenti glutine e peggioramento dei sintomi.

Nei bambini la SGNC si manifesta con sintomi tipici gastrointestinali, come dolori addominali e diarrea cronica, mentre le manifestazioni extra-intestinali sembrano essere meno frequenti; tra queste la più comune è la ipostenia.

L‘assenza di biomarcatori per la sua diagnosi costituisce tuttora un limite notevole per gli studi clinici, rendendo ardua la diagnosi differenziale con altri disturbi glutine-correlati, nonché con condizioni indipendenti dall‘esposizione al glutine: oltre ad esso, grano e derivati contengono altri componenti che potrebbero giocare un ruolo nello scatenare i sintomi, ad esempio gli inibitori di amilasi-tripsina ed i fruttani.

Diversi studi hanno suggerito una correlazione tra SGNC e disturbi neuro-psichiatrici, in particolare autismo e schizofrenia.

Per evitare di andare in “carico” di glutine è bene alternare il consumo di pane e pasta con riso, mais, patate, miglio, grano saraceno, e di altri cereali come orzo, farro.

Il glutine è la parte proteica del grano ed è costituita principalmente da due frazioni: gliadine e glutenine. È il fattore principale che causa variabilità nella qualità tecnologica della singola varietà di grano.
A partire dagli anni ’80 l’attività di miglioramento genetico della qualità tecnologica del grano ha avuto un notevole impulso: le glutenine sono quelle che determinano negli impasti le caratteristiche reologiche di elasticità ed estensibilità. La tendenza attuale della coltivazione è di produrre varietà di grano con contenuto proteico sempre maggiore.

Diventa sempre più importante per evitare questa condizione, comportarsi dal punto di vista alimentare, secondo le raccomandazioni generali: per evitare di andare in “carico” è bene non utilizzare solo pane e pasta come fonte di carboidrati complessi, ma alternarne l’introduzione con quella di riso, mais, patate, miglio, grano saraceno (che non contengono glutine) e di altri cereali come orzo, farro, avena (che contengono glutine in percentuale minore); così facendo, si evita anche di incorrere nell’effetto accumulo di sostanze chimiche utilizzate per la coltivazione dei diversi tipi di cereali.

Dall’Università di Foggia arriva comunque una buona notizia: nel mese di settembre è stato brevettato il grano “Gluten Friendly”, grano “normale” sottoposto  un trattamento chimico-fisico (acqua e microonde per pochi secondi) applicato sulla granella (seme) prima della molitura. Nel seme di frumento, il glutine non è ancora formato e le sue proteine sono depositate in piccole “cellette” che consentirebbero, in presenza di acqua ed elevate temperature, i cambiamenti necessari per produrre il Gluten Friendly.
Tale trattamento non influenza negativamente le proprietà tecnologiche delle farine che formano l’impasto, permettendo, quindi, la preparazione di prodotti assimilabili per gusto ed aspetto a quelli comunemente utilizzati nell’alimentazione Mediterranea e destinati non solo alla fascia di popolazione affetta da intolleranza al glutine ma anche a tutta la restante popolazione.

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