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VideogioQ Ascolta: Dave Wise

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Per il nostro secondo appuntamento musicale c’è da valicare la Manica, e per la precisione andare in Leicestershire, nella ridente (si fa per dire) Ashby-de-la-Zouch del 1985. Qui i fratelli Tim e Chris Stamper, che non se ne stanno mai con le mani in mano, hanno appena preso la storica decisione di mandare a quel paese tutto il mercato degli home computer, che pure nel continente è sinonimo di videogiochi. C’è troppa pirateria, troppi rischi di sfamare porci a perle, e in più i due hanno appena portato a casa un accordo per sviluppare un gioco sciistico su NES.

Quel gioco è Slalom, ed è il primo di una serie di oltre cinquanta titoli che un misconosciuto tombolotto di nome Dave Wise musicherà per la casa inglese, che nel frattempo ha cambiato nome da Ultimate Play The Game a Rare Limited. Ripescatevi il Downhill Theme, più di un modesto esordio di un appena maggiorenne: un po’ acerbo nella melodia, ma accattivante il giusto e presenta già una cura non banale nella sezione ritmica. Il tocco british che farà unici gli Stamper nei decenni successivi si vede già, e sono le chiappe dello stupido sexy sciatore protagonista, in bella vista per tutta la performance di gioco.

La squadra non si riesce a tener ferma, e l’appena successivo Wizards & Warriors letteralmente trabocca di musica: c’è un jingle quasi per ogni oggetto da recuperare e già si approda a discreti esempi di sonorità avvolgenti. Tutto questo casino sacrifica un po’ le prodezze di Dave, che però è un vero e proprio mulo e riesce a toccare, a cavallo tra Ottanta e Novanta, la cifra allucinante di sedici colonne sonore in un anno. Oltre alla trilogia di W&W, ci sono giochi di wrestling (WWF Wrestlemania Challenge, dove serve un buon eclettismo per dare un tema a ciascun lottatore), parentesi rock blues che sembrano tributi a Hip Tanaka (Snake Rattle ‘n’ Roll) e una quantità insospettabile di giochi basati su quiz televisivi e giochi di società.

Di tutta la produzione risalente a questo periodo mi preme fare un monumento alla mia beniamina, sicuramente sprecata nel suo contesto, Name Entry/Solve Theme da Wheel of Fortune: Family Edition. Dura più di tre minuti ed è la testimonianza che è tempo per Dave di ottenere di più dalla vita di una miriade di contratti a progetto. L’occasione sembra darla Battletoads, famigerata e difficilerrima serie di picchiaduro a scorrimento che scimmiotta le più fortunate Tartarughe Ninja, e anche se non raccoglie il successo sperato, il rock dell’improbabile Battletoads & Double Dragon rappresenta un punto di svolta tecnologico per il tombolotto dei nostri cuori, pronto a farsi i denti sul chip sonoro dello SNES.

Questo nuovo giocattolo è ancora più divertente e impegnativo da far suonare, è l’optimum tecnologico che Dave aspettava (e vorrei vedere voi, dopo sette anni di guai sul NES) e sarà giusto viatico di gloria per l’anglosassone. Già, perché nel frattempo i fratelli Stamper hanno ripetuto il colpaccio e intortato ben bene Nintendo a suon di grafica renderizzata. Ciò vale a Rare l’affido dell’obliato Donkey Kong, da revampizzare come un Pendolino e schiaffare in un gioco di piattaforme che conquisti il Natale dell’Anno Domini 1994.

Con la trilogia di Donkey Kong Country, l’avrete capito, si tocca lo zenith. Dave, che nel frattempo è entrato di ruolo e inizia a svezzare i nuovi colleghi, ribattezza lo scimmione immergendolo nel suo personalissimo Timbro della Giungla. Nella traccia pilota, DK Island Swing, c’è già tutta la nuova identità (non solo sonora) del personaggio, le cui melodie emergono da un sottobosco di percussioni e fiati. È un modo anfibio di fare game music, con cambi repentini di ritmo e saltuari controtempi, sempre un po’ dentro e un po’ fuori l’ambient, qualcosa di veramente mai sentito sino ad allora. Solo Hiroki Kikuta (Secret of Mana), forse, ha riposto altrettanta importanza nella sezione ritmica.

Il rinnovato Donkey Kong spopola nei salotti grazie a pezzi anche troppo indimenticabili, gli struggenti Aquatic Ambience e Stickerbrush Symphony su tutti, grazie ai quali il signor Wise diventerà il più remixato tra i suoi colleghi d’Occidente. Lo stile che questi ha partorito resta però il suo più grande limite, rimanendo una costante nella fase calante della carriera: in Diddy Kong Racing, che per bocca del compositore dev’essere “più Mario Kart di Mario Kart”, è ancora fresco e ipercinetico (Title Theme e la kirbyesca Darkmoon Caverns). Ma più Rare alza la testa, appropriandosi del Nintendo 64 in barba ai suoi stessi creatori, più si avvicina il momento dello scoppio della bolla. Starfox Adventures tradisce le sue origini (il progetto Dinosaur Planet) proprio nella colonna sonora, assai poco spaziale ed assai molto animalesca, e che però stranamente suona peggio rispetto alle precedenti prove di Dave.

Sempre meno sfruttato rispetto ai compagni di lavoro, con il passaggio di Rare nelle grinfie di Microsoft lo Wise si limita alle sue scimmiette e poco più: come esempio basti menzionare Costalot’s Shop, facente parte di Viva Piñata: Pocket Paradise. Gradevole, ma niente più. Nel 2009 Dave diventa freelance, poi apre il suo Sound Studio e si rimette, per così dire, sul mercato. E Tengami è un ottimo esempio di quanto ancora quest’uomo possa dare se gli si cambia un po’ l’aria, facendolo passare dai banani alla carta di riso. Ma la scimmia chiama nuovamente, e stavolta Nintendo gli rimette in mano una colonna sonora di quelle importanti: Donkey Kong Country Tropical Freeze. Qui Dave svolge il compito come tutti gli chiedono, riproponendo i suoi classici, il tutto in maniera stranamente loffia, nonostante l’azzeccata aggiunta di ukulele e steel pan.

Noi non gli chiediamo di più, dopo trent’anni non sarebbe saggio: questa particolare branca di uomini ha bisogno di limiti tecnologici da combattere, e oggi ce ne sono proprio pochi. Piuttosto, ci risentiamo Mining Melancholy.

Tommaso Mongelli
www.fandonia.net

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Pubblicato il: 9 novembre 2014

Argomenti: Quaderni, Tech, VideogioQ

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